“Il predestinato” – storia da una repubblica immaginata.

Nel 1920 a L’Aquila, città di antiche tradizioni papa­line, viene alla luce un principe, Amedeo del Dra­go di Civita d’Antino, che ha la dote innata del paciere, del placatore di animi ed è sempre e soltanto super partes.

Grazie ai suoi talenti ascende a tutte le possibili cari­che repubblicane, lui solo e soltanto monarchico e fedele difensore dei diritti lesi della Real Casa di Savoia, senza mai scendere a patti con alcuno, ma soltanto con se stesso.

La copertina del romanzo edito da Porto Seguro Editore

Il predestinato è un’opera di pura immaginazione, o, se vogliamo, speranza di forgiare uomini del genere nella nostra vita politica, in modo da risolvere tante problema­tiche. Non un sovrano, bensì un uomo saper partes come un re.
Tutto questo e molto altro nell’ultimo romanzo di Gianluigi Chiaserotti, edito da Porto Seguro per la collana Rose Blu.

Perché un romanzo che parli di Monarchia?

Sin dai tempi più antichi, anzi dagli inizi della Storia del mondo, la figura del re rappresenta, più che mai, un sostanziale e solido punto di riferimento.
Il re [celeberrimo è l’assioma del poeta Quinto Ennio (239 a.C.-169 a.C.) “Rem, regat Rex”] era una sorta di naturale bilancia tra i varii poteri dello Stato. Era un arbitro per eccellenza.
Era “super partes” e lo è tuttora in quei paesi (quaranta se si considerano anche quelli che riconoscono loro capo e sovrano il Re del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord nell’ambito del Commonwealth) che hanno conservato la Monarchia quale loro forma di governo.
Codesta funzione è naturale, è insita in lui; egli non può e non deve scendere a patti con nessuno, ma semplicemente guidare ed indirizzare la vita politica e pubblica.

Quali osservatori dell’attuale vita politica, rileviamo che un Presidente della Repubblica, qualunque esso sia resti sempre espressione di una parte politica; pertanto non può e non deve essere “super partes” come il re. Ed oltre settant’anni di repubblica hanno confermato codesto e molto ampiamente.
Abbiamo concepito, anzi ci siamo permessi di concepire che ciò si potrebbe evitare, e molto bene. E come? Con una personalità pubblica che riesca a tenere in sé le doti sovrane.
Ecco, quindi, che vede la luce questa novella scritta di getto e che ci è venuta dall’esperienza e dall’osservare la crisi di questa anomala repubblica sempre e soltanto in balia della partitocrazia e delle alchimie politiche.

I contenuti del romanzo.


Abbiamo immaginato che nel 1920 a L’Aquila, città di antiche tradizioni papaline, fosse venuto alla luce un principe (perché la sua era un’antica famiglia principesca), Amedeo del Drago di Civita d’Antino, il quale avesse per sua innata dote quella del paciere, del placatore di animi e fosse, sempre e soltanto, “super partes”.
Un uomo dotato di un’intelligenza fuori dal comune, il quale fece sempre le tante cose che ha fatto con passione, abnegazione e spirito naturale di concordia e senza mai a che pretendere nulla per sé stesso o tantomeno per la di lui famiglia.
Con queste doti ascese a tutte le possibili cariche repubblicane, lui solo e soltanto monarchico e fedele difensore dei diritti lesi della Real Casa di Savoia, senza mai scendere a patti con alcuno, ma soltanto con se stesso e con la prova appunto che dava a se stesso di arrivare e guidare al meglio la repubblica.
Fu ministro, Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Camera dei Deputati, Presidente del Senato, Sindaco de L’Aquila, città che ha sempre rappresentato a Roma e di cui si sentiva il naturale figlio e difensore dei suoi interessi, Presidente del Parlamento Europeo, Presidente della Repubblica. Fu avvocato, storiografo, docente universitario (forse quello che più amava), giornalista.

Tutto questo è pura immaginazione, ma se, nella repubblica, si potessero forgiare uomini del genere molti problemi sarebbero risolti e le alchimie sconfitte.

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